29 aprile 2019
Mi ero illuso. E invece, dopo due giorni di tregua, il gruppo di ragazzi e ragazze fanatici del calcio sono tornati, la sera di Pasqua, a giocare con grande impegno davanti alla chiesa e alla casa parrocchiale.
Lascio immaginare il piacere di sentire fino a mezzanotte il rumore assordante di un pallone tirato con forza contro la recinzione della casa parrocchiale e la facciata della chiesa (le cui porte, appena riverniciate, si fregiano già di alcuni “timbri” rotondi chiaramente riconducibili a una palla. Che sia reato di danneggiamento?).
Lascio immaginare il piacere di sentire fino a mezzanotte il rumore assordante di un pallone tirato con forza contro la recinzione della casa parrocchiale e la facciata della chiesa (le cui porte, appena riverniciate, si fregiano già di alcuni “timbri” rotondi chiaramente riconducibili a una palla. Che sia reato di danneggiamento?).
Qualcuno potrebbe pensare: “Basta dirgli di smetterla. I giovani grandatesi sono famosi per la loro buona educazione”.
“Già fatto!- risponderei- Da mesi (la situazione si trascina da tempo immemorabile e pare che anche i parroci miei predecessori abbiano avuto modo di confrontarsi con essa) insisto con il suddetto gruppo. Inviti, rimproveri, richieste “per favore”, minacce…tutto inutile”.
“Già fatto!- risponderei- Da mesi (la situazione si trascina da tempo immemorabile e pare che anche i parroci miei predecessori abbiano avuto modo di confrontarsi con essa) insisto con il suddetto gruppo. Inviti, rimproveri, richieste “per favore”, minacce…tutto inutile”.
E a questo punto mi sembrano opportune alcune considerazioni da educatore inascoltato e, quindi, fallito.
La prima riguarda i ragazzi e le ragazze del gruppo. Mi sembra evidente in molti di essi, più che la cattiveria, una superficiale violenza interiore, che ha bisogno di sfidare un nemico, che è in questo caso un adulto, rappresentante di un mondo dove ci sono delle regole, dove il proprio ego e la propria libertà trovano dei limiti nel rispetto delle esigenze degli altri.
Sfida pericolosa, questa. Soprattutto per una mente e un carattere necessariamente non ancora equilibrati. Sfida che può dar luogo a situazioni spiacevoli non solo per il parroco, ma anche per l’intera società, soprattutto quando il “gruppo” dei pari diventa “branco”. Come in tutti i “branchi” i più forti, i più violenti spadroneggiano e gli altri eseguono o stanno zitti, diventando complici.
La prima riguarda i ragazzi e le ragazze del gruppo. Mi sembra evidente in molti di essi, più che la cattiveria, una superficiale violenza interiore, che ha bisogno di sfidare un nemico, che è in questo caso un adulto, rappresentante di un mondo dove ci sono delle regole, dove il proprio ego e la propria libertà trovano dei limiti nel rispetto delle esigenze degli altri.
Sfida pericolosa, questa. Soprattutto per una mente e un carattere necessariamente non ancora equilibrati. Sfida che può dar luogo a situazioni spiacevoli non solo per il parroco, ma anche per l’intera società, soprattutto quando il “gruppo” dei pari diventa “branco”. Come in tutti i “branchi” i più forti, i più violenti spadroneggiano e gli altri eseguono o stanno zitti, diventando complici.
La cosa più preoccupante, dal punto di vista sociale ed educativo, è la frase che mi è stata ripetuta più volte quando ho chiesto i nomi degli autori delle imprese “pallonare”: “Io non sono stato, ma non dico chi è stato perchè non sono un “infame”.
Proprio così “Infame”! Questo termine tipicamente mafioso usato per indicare il delatore, colui che accusa i propri sodali, la spia al soldo delle Forze dell’Ordine, mi ha fatto accapponare la pelle.
Proprio così “Infame”! Questo termine tipicamente mafioso usato per indicare il delatore, colui che accusa i propri sodali, la spia al soldo delle Forze dell’Ordine, mi ha fatto accapponare la pelle.
Forse non si rendono conto, questi poveri ragazzi e ragazze, che nei loro cervelli è già scattata la logica malavitosa, la concezione più terribile di affetto e amicizia, per la quale devi coprire il tuo amico anche quando sbaglia. Da amico ci si trasforma in complice, il silenzio diventa omertà. Siamo vicini alla baby-gang, dove ci sono i trascinatori e i trascinati, i capi e i gregari, gli spavaldi vigliacchi, che si riparano dietro l’omertà dei vigliacchi e basta. Stando zitti si mendica la considerazione e il rispetto (altra parola molto ambigua, in questo caso) degli altri, di quelli che vengono guardati con ammirazione perchè più sfrontati e più mancanti di saggezza.
Questi ragazzi e questi ragazze, presi uno per uno, non sono per nulla cattivi. E’ il gruppo-branco con i suoi meccanismi che li condiziona.
E a questo punto faccio una seconda considerazione, riguardante i genitori, di questi ragazzi e non solo. Mi vengono sempre in mente le parole di don Mazzi rivolte qualche anno fa ai genitori durante un incontro organizzato nella parrocchia di Rovellasca: ” Cari genitori, state attenti perchè per il vostro figlio più bravo è sufficiente trascorrere un pomeriggio con la compagnia sbagliata. Ve lo rovinano per tutta la vita!”. Io non sarei così sicuro che nel gruppo-branco degli amanti notturni del calcio non ci sia qualche elemento capace di rovinare. Gli avvoltoi si aggirano sempre sopra le prede. E, non avendo la potenza e il coraggio dell’aquila, si interessano solo agli elementi più deboli e vulnerabili, a quelli che, come dicevo prima, hanno bisogno di considerazione e vogliono essere considerati più “grandi” e coraggiosi. Che cosa c’è di meglio di una “canna” per fare questo salto di “qualità” nel gruppo? Tanto, anche chi non “fuma” tacerà con tutti, per non fare la figura dell’infame!
Oggi il “mestiere” più difficile è quello di genitore. Cerco di immaginarmi il dialogo nelle famiglie di questi ragazzi. E penso ai silenzi, alle risposte monosillabiche degli adolescenti, alle battaglie per l’orario di rientro, all’accordare fiducia con la prudenza di chi sa che se ne potrebbe abusare, alle sacrosante richieste, spesso frustrate, di non venir meno ai propri doveri scolastici…non è per niente facile essere genitori.
Tutti, oggi, si lamentano dei genitori: gli insegnanti li accusano di essere iperprottetivi, di dare sempre ragione ai figli, di allevare monarchi assoluti abituati ad ottenere sempre quello che vogliono, di versare lacrime di coccodrillo quando le situazioni dei figli degenerano e diventano disastrose… Io posso dire di aver incontrato e di incontrare tanti genitori appassionati, che amano realmente i propri figli, che cercano di dialogare dando delle regole, soprattutto che si interessano di quali compagnie siano frequentate dai loro figli, senza credere sempre e soltanto a quello che il figliolo o la figliola dice, come se avesse parlato l’oracolo di Apollo Delfico.
Ne ho incontrati e ne incontro alcuni di pasta diversa, più accomodanti, nel senso che l’unica cosa che ricercano è il proprio comodo, il proprio quieto vivere, basta che il figlio o la figlia non diano troppo fastidio. Che cosa facciano realmente i figli a questi genitori interessa ben poco. Magari han provato, all’inizio dell’adolescenza, a mettere un argine, ma poi hanno ceduto di schianto e adesso la frase con cui si acquietano la coscienza è: “Ma cosa vuoi che sia! Sono ragazzi! Capiranno!”. E poi, si sa, si arriva stanchi dal lavoro e non si ha voglia di fare i poliziotti.
Questi genitori sono i paladini della responsabilità personale, nel senso che i loro figli, anche se quattordicenni, sono pienamente maturi, capaci di affrontare la vita senza bisogno del genitore che li diriga perchè il genitore ha già dato, nei primi tre anni di vita del figlio, tutte le direttive che il figlio mette e metterà sempre in pratica. Ovviamente, senza verifica alcuna da parte del genitore. Perchè la verifica costa fatica. In genere sono questi i genitori del “mio figlio ha sempre ragione”.
Che tipo di genitori hanno i miei amici calciofili? Potrei dire ottimi, se li conoscessi tutti. Ma alcuni di questi ragazzi sono di Rebbio, altri di Casnate e, davanti alle mie richieste, non mi dicono come si chiamano (e questo la dice lunga su tante cose, anche sulla mia autorevolezza). Quindi colgo l’occasione per invitare i loro genitori a contattarmi. Magari si potrebbe fare un incontro tra adulti, seguito da uno con i figli. Perchè no? Continua…
don Roberto