15 giugno 2020
Numeri. Ci hanno abituato ai numeri quotidiani, in tempo di pandemia. Morti, contagiati, guariti…con il rischio di dimenticare che, dietro i numeri ci sono la persone.
Persone.
Con la loro esperienza, con le gioie e i dolori, gli affetti, i pregi e i difetti. E pensare alle persone che stanno dietro i numeri è importante sempre, anche nel caso che sto per proporvi. E’ uscito da poco il libro del professor Garelli che raccoglie e commenta i dati raccolti nel 2017 sulla fede degli italiani e su altre tematiche ad essa collegate.
Il libro ha come titolo “Gente di poca fede”, con una specificazione immediata:”Il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio”. un Dio che, secondo l’autore, è “più sperato che creduto”. Numeri e percentuali, dunque. Ma numeri e percentuali che fanno riflettere, soprattutto se paragonati alle due precedenti indagini che risalgono al 1991 e al 2007.
Numeri e percentuali da cui emerge, per usare le parole del professor Garelli, “un Dio oggetto di un sentimento che varia a seconda degli alti e bassi del vissuto,dello stato d’animo, delle circostanze.un Dio, dunque, altalenante, intermittente, che sovente si eclissa e talvolta riappare”. Io mi limiterò a presentare i numeri, lasciando a ciascuno le interpretazioni e le considerazioni.
Il 76% degli italiani crede in Dio. 25 anni fa questa percentuale era dell’82%. Certo, se guardiamo ad altri Stati come la Francia, la Germania, l’Olanda, il Belgio, il Regno Unito e persino la Spagna la percentuale dei credenti oscilla tra il 50 e il 60%. L’Italia potrebbe essere considerata, dunque, un Paese ancora sostanzialmente religioso, anche se gli atei sono passati dal 18% del 1991 al 24% odierno.
Ma è importante anche dare uno sguardo più profondo a coloro che si definiscono credenti. Di questi, infatti, il 36,6% sostiene di avere una fede certa, mentre il 38,6%dice di avere una fede dubbiosa. Sempre all’interno di questo 76% della popolazione italiana il 3,8% si dice cattolico convinto e attivo (9,3% nel 1994), il 29,8% si ritiene cattolico convinto, ma non sempre attivo (a fronte del 41,1% del 1994), il 43,6% si sente cattolico per tradizione e educazione (27,7% nel 1994) e infine il 22,5% pensa di esserlo perchè condivide alcune idee del Cattolicesimo.
Concludendo questa prima parte sottolineo che l’ateismo nei giovani compresi tra i 18 e i 34 anni, con un livello di istruzione alto e residenti nel centro-nord.
don Roberto