13 novembre 2017
Abbiamo tutti fretta. E ci arrabbiamo. Ci arrabbiamo se il computer ci mette un minuto anzichè venti secondi nel collegarsi, se quel vecchietto davanti a noi in macchina va a passo d’uomo, se c’è fila alla cassa del supermercato, se c’è traffico e siamo tutti in coda.
Abbiamo scadenze e orari cronometrici da rispettare, abbiamo una marea di attività incastrate una nell’altra, abbiamo appuntamenti…che vita terribile!
Abbiamo sempre fretta. Sembra che il nostro destino sia quello di correre.
Verso chi? Verso cosa? Per andare dove? Boh! L’importante è correre, dare l’impressione, a noi stessi e agli altri, di una vita impegnata.
D’altronde siamo lombardi: dobbiamo mandare avanti l’ Italia, l’Europa, il mondo intero. E la fretta diventa frenesia, rincorsa continua di non si sa bene cosa.
Forse di noi stessi, povere creature intrappolate dentro un ingranaggio che produce solo ansia e insoddisfazione.
Sì, perchè correndo non si riesce a gustare quello che ci circonda.
Una volta sulle splendide montagne della Valtellina, camminando verso quella perla che è il rifugio Bosio, ho incontrato un tale che correva a velocità supersonica. Mi hanno spiegato al rifugio che era uno che cercava di battere il suo record personale di velocità tra un rifugio e l’altro. Mah! Contento lui… E’ un po’ come quelli che ti superano in macchina con manovre azzardate e pericolose e dopo qualche minuto te li ritrovi fermi al semaforo esattamente davanti a te.
Quanta irrazionalità nella fretta eretta a sistema di vita! E quanta frustrazione! E quante occasioni perse per ascoltare, per contemplare, per gustare in profondità! Mangiamo panini e pezzi di pizza plastificati e beviamo a canna, in piedi come i cavalli. Riduciamo la comunicazione, la relazione a messaggi iper veloci che non ci permettono di dialogare per davvero.
Non si parla più, si blatera. E veloce! C’é subito un altro con cui bisogna “comunicare”. E quando la frenesia diventa dimensione dell’anima allora la situazione è grave. E la tristezza è lo sfondo di ogni nostra azione, di ogni nostro pensiero. Non proviamo più il piacere autentico, diventiamo grigi consumatori di beni, anche di persone.
E ci perdiamo tutto quello che di veramente bello c’è nella nostra quotidianità, arriviamo a sera stanchi morti, dormiamo male e siamo pronti per ripartire. Altro giro, altra corsa, giri brevi e veloci…
Riscoprire la lentezza, che offre la possibilità di pensare, di riflettere, di gustare. Le cose, le persone, il creato, Dio. Tutto richiede un congruo tempo per essere accolto come dono.
Potrebbe essere un ottimo impegno anche in vista del Natale, spesso apoteosi della frenesia con la sua corsa (appunto!) ai regali. E se cominciassimo a sceglierli adesso, a metà novembre?
don Roberto