20 settembre 2016
Infuriano le polemiche sul ponte di via Badone, a Como.
Verrebbe da dire che è proprio difficile amministrare una città e che finchè si è all’opposizione si critica e ci si presenta come i salvatori della patria, poi, quando si è chiamati a governare, le cose diventano un po’ più complicate e spesso si finisce per fare gli stessi errori (e anche peggiori) ferocemente rimproverati agli altri.
Ne sappiamo qualcosa anche a livello ecclesiale.
Il ponte di via Badone è a gradini.
Questo implica un’oggettiva difficoltà per tante persone, impossibilitate a deambulare autonomamente.
Questione di pendenze, dice l’assessore: il ponte sarebbe stato molto più lungo senza gradini.
La vicenda tragicomica mi sembra simile a quella del famigerato ponte dell’archistar Calatrava a Venezia: solo dopo che è stato finito ci si è accorti che non era accessibile alle persone portatrici di handicap.
Ma lì c’era di mezzo Calatrava!
Cosa sarà mai una piccola dimenticanza per un architetto così famoso che qualsiasi città farebbe carte false pur di avere una sua opera?
E infatti anche i viaggiatori che aspettano il treno alla stazione di Reggio Emilia, opera della medesima celebrità, sono tutti contenti di tenere l’ombrello aperto anche dentro l’edificio che, quando piove, fa acqua da tutte le parti.
Credo che si potrebbe inventare una nuova espressione verbale, facendo entrare nel linguaggio comune una realtà da sempre presente.
L’espressione potrebbe essere “ponte selettivo”, cioè un ponte sul quale possono passare solo alcune categorie di oggetti e di persone.
In fondo viviamo in una società di fatto estremamente selettiva.
La stessa natura è selettiva: gli individui più deboli sono destinati a perire, a vantaggio dei più forti.
E allora dov’è il problema?
Chi ha gambe buone si fa il ponte a gradini, gli altri hanno l’attraversamento della strada a raso.
Quante pretese!
Chi abita al quinto piano di una casa senza ascensore e non può più camminare non avrà la pretesa di uscire ancora di casa?
Ironia macabra a parte, mi viene una considerazione un po’ amara: chi progetta opere pubbliche, che dovrebbero servire a tutti, tiene presente le esigenze dei più deboli, anche quando queste non sono obbligatorie per legge?
Ogni tanto ho l’impressione che l’unica regola valida per tanti progettisti sia l’affermazione del proprio ego, della propria vena narcisista.
Poveri bambini capricciosi che hanno sempre ragione e picchiano i piedi se qualcuno li contraddice.
Categoria, questa dei bambini capricciosi, purtroppo diffusa in tutti gli strati sociali e in tutti gli ambiti.
Sono così tanti genitori, tanti coniugi, tanti politici, tanti preti, tanti…
Non so perchè, ma una delle cose più difficile è dire : “scusatemi, ho sbagliato, ho fatto una stupidata!”.
Ammettere i propri errori è impresa impossibile per gli egocentrici, soprattutto quando sono circondati dagli adulatori professionisti.
E così si finisce per costruire e approvare i ponti a gradini o le paratie inutili o le panchine senza schienale, tanto per rimanere a Como.
Perchè se andassimo da altre parti del mondo dovremmo mettere nell’elenco delle imprese degli egocentrici anche le guerre.
Ovviamente tutte ammantate di nobili ideali, tipo quello di esportare la democrazia.
” Ma mi faccia il piacere”, direbbe il grande Totò.
don Roberto