2 ottobre 2017
Il Papa, durante la visita a Barbiana, ha detto agli ex allievi di don Milani: “Voi siete i testimoni di come un prete abbia vissuto la sua missione, nei luoghi in cui la Chiesa lo ha chiamato, con piena fedeltà al Vangelo e proprio per questo con piena fedeltà a ciascuno di voi, che il Signore gli aveva affidato…La Chiesa riconosce nella vita di questo prete un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa stessa. Non posso tacere che il gesto che oggi ho compiuto vuole essere una risposta a quella richiesta più volte fatta da don Lorenzo al suo vescovo e cioè che fosse riconosciuto e compreso nella sua fedeltà al Vangelo e nella rettitudine della sua azione pastorale. Oggi questo riconoscimento lo fa il vescovo di Roma”.
Già, perchè don Milani, in vita, non ha mai ricevuto alcun riconoscimento (chiedeva semplicemente di poter tenere una lezione in seminario agli studenti di teologia) dal cardinal Florit, arcivescovo di Firenze.
D’altronde appariva assai problematico da parte dell’arcivescovo che annotava nella propria agenda dopo l’ultimo colloquio avuto con don Milani: “E’ un dialettico affetto da mania di persecuzione. Non preoccupazione di santità fondata sull’umiltà, ma pseudo-santità verso la canonizzazione di se stesso. Egocentrico, pazzo, tipo orgoglioso e squilibrato”.
Giudizio tremendo, comunque ricambiato da don Milani, che definiva l’arcivescovo “un deficiente indemoniato”. Caratteri forti, spigolosi, poco disposti a prendere in considerazione le idee e le posizioni dell’altro.
Con la differenza, notevole, che l’arcivescovo aveva il potere di decidere e don Lorenzo no.
Erano tempi difficili, quelli, per la Chiesa di Firenze, dove si scontravano (anzichè incontrarsi) idee diverse e dove il cardinal Florit, friulano dal carattere molto deciso, era stato inviato a normalizzare, riducendo a nulla, sul piano pratico i vari La Pira, Balducci, Milani.
Aveva un compito da svolgere. Lo svolse.
Ma nella vita della Chiesa ci sono sempre tempi difficili. E non sempre quelli in cui le acque sembrano essere calme sono i più facili.
Anche la palude ha acque calme, nelle quali prosperano serpenti, zanzare e putridume.
La vita della Chiesa, intesa come Popolo di Dio e non come gerarchia ecclesiastica, è una continua sfida ad essere sempre più come Gesù la vuole. Tutti coloro che, nella Chiesa, hanno responsabilità di “governo” dovrebbero essere consapevoli che ascoltare è la parte più importante del loro servizio.
Ascoltare con la disponibilità ad accogliere tutto ciò che è buono, anche quando risulta scomodo e indigesto.
La grande lezione di don Milani e delle vicende della sua vita può essere anche questa: imparare a considerare davvero la Chiesa come Popolo di Dio e non identificarla sempre e soltanto con le gerarchie ecclesiastiche.
I cui componenti, essendo povere creature umane umane, come tutti, sono soggetti a commettere errori madornali.
E’ proprio necessario aspettare sempre cinquant’anni prima di riconoscere di aver sbagliato, con la scusa che i “profeti” sono sempre più avanti dei loro contemporanei?
don Roberto