31 luglio 2017
Molti intellettuali sostengono che l’uomo postmoderno (cioè noi) viva un cinico disincanto verso tutto quello che viene definito eterno.
Il nostro tempo ha demolito le certezze che in passato hanno sostenuto la speranza umana.
Oggi le religioni, le filosofie, le chiavi di lettura dell’esistenza sono andate in crisi sotto i colpi della crisi economica, della paura per la catastrofe ambientale, per l’incertezza causata dalla presenza di un terrorismo che colpisce e miete vittime nelle situazioni e nei luoghi di una normale quotidianità.
Disincanto, dunque.
Cioè sguardo privo di “incanto”, capacità di non lasciarsi imbrogliare, ma anche duro scetticismo verso il bello e il buono che generano speranza.
Mi viene in mente il libro del Qoelet, dove il distacco ironico del sapiente che guarda gli affanni degli uomini porta all’unica conclusione saggia: “Temi Dio e osserva i Suoi comandamenti”. Fidandoti di Lui, aggiungo io.
Già, perchè nelle nostre analisi del tempo in cui viviamo manca troppo spesso la componente “Dio”.
E se togliamo Dio non ci resta che il pessimismo, travestito da sano realismo.
Non ci restano altro che le frustrazioni di chi insegue una felicità che non sarà mai raggiunta.
E vivremo in mezzo ai problemi (creandoceli inutilmente, anche!) dimenticandoci che ci sono anche le soluzioni.
Ci fermeremo alle difficoltà, senza mai vederle per quello che sono davvero e cioè opportunità, che possono tirar fuori il meglio di noi stessi.
E così ci areniamo in un vivacchiare che non ci dà soddisfazioni o che contrabbanda per felicità un po’ di contentezza e ci chiudiamo in noi stessi, nel nostro piccolo e forse accogliente guscio, rimpiangendo il passato e assumendo l’aria triste e contrita di chi ne ha viste troppe per avere ancora qualche speranza.
Probabilmente pensiamo che Dio sia andato in pensione, che non guidi più la storia dell’umanità, che sia al massimo un distratto spettatore delle nefandezze umane.
E non pensiamo che Dio ha fatto noi per risolvere i problemi del mondo, che la forza rivoluzionaria del messaggio evangelico è affidata a noi, che il Signore ci alimenta e ci sostiene, ma non ci esime dall’impegno. Non siamo soli.
E non solo perchè Gesù è con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo, ma anche perchè sono milioni gli uomini e le donne di buona volontà che sanno gettare il cuore oltre l’ostacolo e fanno sacrifici per rendere il mondo un po’ migliore.
“Ci impegniamo noi, e non gli altri… Ci impegniamo noi senza aspettare che altri si impegnino”, scriveva don Mazzolari in una sua famosa preghiera. Forse è proprio il caso di riscoprire la bellezza di questo impegno.
Anche con un po’ di sano disincanto, tanto per essere non solo colombe, ma anche serpenti. Senza eccedere, però.
Altrimenti rischiamo di essere come quei vecchi barbogi capaci solo di lamentarsi e destinati a vivere in solitudine perchè gli altri non li sopportano.
don Roberto