27 maggio 2019
Si torna a parlare, ciclicamente, della revisione delle diocesi italiane. Sono troppe, secondo il Papa, e quindi bisogna procedere a ulteriori accorpamenti.
Certo, in Italia troviamo numeri ed estensioni territoriali molto differenti. Basti pensare che la diocesi di Milano ha una popolazione di 5.491.000 abitanti, mentre quella di Gubbio di 56.000. Sembrerebbe opportuno, dunque, avere diocesi più “corpose”.
Perchè? I motivi addotti mi sembrano di natura efficientista. Razionalizzare i vari uffici curiali, garantire una migliore prassi pastorale… Ma è propri vero che “più grande è bello?”. Provo a pensare alla figura del Vescovo. Posto che la vocazione all’episcopato è l’unica a non conoscere crisi numerica, visto che (chissà perchè) qualche prete disposto ad accollarsi questa croce così pesante lo si trova sempre, mi chiedo come possa essere vicino al Popolo il povero arcivescovo di Milano, in una diocesi tanto vasta.
E se la vicinanza (la “prossimità”) non può essere considerata solo in senso spirituale, ma deve avere anche una dimensione fisica, come può fare il vescovo di Milano a incontrare con sufficiente frequenza il gregge che il Signore gli ha affidato. E’ vero, ci sono i raduni oceanici allo stadio, però…
Diversi anni fa parlavo con un giovane prete di Gubbio, parroco di un paesino sulle colline attorno alla cittadina, il quale il quale mi raccontava che, essendo a letto con l’influenza, sente suonare il citofono. E che al classico “chi è?” si sente rispondere: “Ciao, sono il vescovo. Ho saputo che sei ammalato e sono venuto per vedere come stavi e se avevi bisogno che andassi in farmacia a prenderti le medicine”. Che bello! Un vescovo papà, più ancora che padre. Una visita resa possibile non solo dall’attenzione e dalla sensibilità del vescovo, ma anche dalla piccolezza della Diocesi, ancora a dimensione umana.
Il problema, allora, è anche questo: che tipo di vescovo si ha presente? Il manager, a tempo perso padre e pastore (anche se, ufficialmente, queste due caratteristiche vengono sempre per prime) oppure l’uomo di Dio, fisicamente presente in mezzo al suo Popolo per rincuorare, sostenere, incoraggiare, stimolare, rimproverare? Proprio come fa un papà, che non si limita a scrivere lettere ai propri figli, ma cerca di incontrarli il più spesso possibile, il vescovo dovrebbe avere la possibilità di incontrare il più spesso possibile le persone che il Signore ha affidato alle sue cure .
E’ vero che oggi tanti medici non vanno più nelle case dei malati, ma si esibiscono in diagnosi e terapie telefoniche, però… Una Chiesa missionaria, che va nelle periferie è anche una Chiesa vicina. Forse se ci fossero le diocesi di Varese, di Lecco e di Monza anche il Vescovo di Milano avrebbe più tempo per fare il padre. Senza la pretesa, ovviamente, di andare in farmacia a prendere le medicine per i preti che hanno l’influenza.
don Roberto