16 novembre 2020
“Non esiste. E’ un’invenzione. Vogliono tenerci soggiogati “. ” E’ il castigo di Dio. E’ l’apocalisse. Sta arrivando la fine del mondo”. “Dio non ci salva. Dio non è buono. Dio non esiste”.
Queste e tante altre sono le affermazioni che circolano da mesi, da quando, cioè, il covid ha dato una spallata a tante nostre certezze.
Forse, però, le domande dovrebbero altre, prima fra tutte: “Che cosa dovrebbe insegnarci questa esperienza?”. So benissimo che ognuno si pone di fronte alle vicende della vita con le proprie convinzioni, il proprio carattere, la propria cultura, il proprio vissuto. E tuttavia è sempre bene, prima di farsi travolgere dagli eventi o di opporvisi inutilmente, di capire che cosa ci possano lasciare per la nostra crescita personale, sia da un punto di vista psicologico sia da un punto di vista spirituale.
Già ammettere che un esserino invisibile abbia qualcosa da insegnare a noi umani, che abbiamo una leggerissima tendenza a sentirci onnipotenti e onniscienti, è importante. Da qui in avanti, però, sarà il caso di usare il condizionale. Il covid dovrebbe insegnarci la solidarietà: ogni nostra decisione e ogni nostra azione hanno una ripercussione positiva o negativa sugli altri. Non siamo atolli sperduti nell’oceano.
Prendere precauzioni, essere prudenti, evitare di esporsi a pericoli di contagio non sono azioni che tornano solo a nostro vantaggio, ma costituiscono una vera (e cristiana, per chi si dice discepolo di Gesù) attenzione verso l’altro, soprattutto per chi è più debole. Gli individualisti, gli egocentrici, i superficiali e gli ignoranti faranno fatica ad accettare questo dato, ma sappiamo che gli appartenenti a questi gruppi umani sono un’esigua minoranza. Se comunque dovessimo incontrarne fortunosamente qualcuno facciamogli presente senza timore che abbiamo capito a che categoria appartiene e che sarebbe il caso che elevasse il suo livello di umanità almeno fino al grado di homo erectus, che non sarà un granchè, ma è sempre meglio di quello in cui ristagna ora.
Il covid, poi, dovrebbe insegnarci a utilizzare bene il nostro tempo. E non solo perchè tocchiamo con mano la precarietà della nostra vita, ma anche perchè abbiamo l’occasione di fare tante cose a cui non eravamo più abituati: stare con i nostri cari, pensare, leggere, gustare il momento presente, amare…non mi sembrano cose da poco.
Certo, preghiamo perchè questa epidemia finisca il più presto possibile, però, visto che l’abbiamo ancora tra i piedi, proviamo a ricavarne comunque qualcosa di positivo.
don Roberto