14 marzo 2022
Da qualche anno a questa parte (e precisamente dal 2007, anno in cui, negli Stati Uniti ha avuto inizio la crisi economica che ha coinvolto poi il mondo intero) economisti, sociologi, psicologi e scienziati di ogni tipo hanno preso stato di un dato rilevante a cui il buonsenso era già arrivato: l’aumento del benessere materiale aumenta l’infelicità. In una società dove i soldi a disposizione sempre di più e permettono un tenore abbastanza elevato di vita, dando accesso ad una miriade di beni di consumo utili e non, la felicità dei singoli diminuisce.
Le analisi sul campo confermano che gli individui consumisti sono, rispetto a chi vive in altri tipi di società, meno soddisfatti della propria vita, meno felici, provano meno frequentemente emozioni positive, hanno più stress, contraggono più facilmente malattie mentali come ansia e depressione, provano più frequentemente emozioni negative (rabbia, tristezza, paura).
Il possesso reale di molti beni (o la possibilità di possederli) genera una terribile spirale di desideri, di emulazione, di competizione e di frustrazione. Ci si sente inferiori a chi ha quella determinata cosa, si invidia, si perde l’autostima, si deteriorano i rapporti.
Ma la cosa peggiore è l’oggettificazione degli altri. Anche i sentimenti più nobili tendono a scomparire per lasciare il posto al possesso e le altre persone (persino quelle in teoria amate) si riducono a semplici oggetti da possedere, usare e gettare quando non servono più. Difficile essere felici, in una situazione del genere.
Sarebbe allora davvero importante un sano distacco dai beni materiali. Se non è vero in senso assoluto che “i soldi non danno la felicità” è altrettanto vero che la felicità non è data mai solo dai soldi. Occorre sempre una buona dose di sapienza, di equilibrio e di saggezza per non farsi prendere nella trappola tesa quasi sempre (con qualche lodevole eccezione) dalla pubblicità, che ci prospetta una facile soluzione al problema della felicità: compera questo prodotto e sarai stimato, considerato, soddisfatto…in una parola, felice. E così bisogna combattere contro quel circolo vizioso che obbliga a consumare di più con l’unico risultato di avere dosi sempre più massicce di infelicità.
E se ci accontentassimo di ciò che abbiamo, senza guardare a quello che hanno gli altri? E se cominciassimo a fare a meno di qualcosa, per scoprire che non era poi così necessario per la nostra vita? E se provassimo a non rincorrere l’ultimo modello di un vestito, di un telefono, di un televisore, di qualunque cosa, sentendoci però lo stesso delle persone decenti, intelligenti e non dei poveri disadattati? E se ascoltassimo Gesù quando parla dei gigli del campo e degli uccelli del cielo e invita a fidarsi della provvidenza di Dio? Almeno possiamo tentare…
don Roberto