1° marzo 2021
Potrebbe essere interessante fare un esperimento: mettersi davanti allo specchio e chiedere alla propria immagine riflessa che cosa pensi riguardo ad una certa questione, poi far presente la propria opinione e iniziare così un confronto, uno scambio di idee. Credo che ognuno di noi uscirebbe da questo esperimento con la consapevolezza di aver davvero approfondito la suddetta questione e magari anche con qualche idea non perfettamente collimante con quello che si pensava prima.
In fondo, oggi è in atto il tentativo, neanche tanto nascosto, di omologarci, di farci pensare in termini semplici (semplicistici?), che non prendano in considerazione la complessità della realtà. Vogliono farci ragionare (?) per slogan: bianco e nero, amici e nemici, buoni e cattivi, intelligenti e stupidi, tutti in schieramenti ben definiti, evidenti, o di qui o di là, senza compromessi e mediazioni.
La tomba del pensiero. Chi cade in questa trappola non ascolta più l’altro, non si interessa alle sue idee, non scende mai a patti con chi considera sempre e comunque un nemico. Aver paura di confrontarsi, ridurre la realtà a schemi preconfezionati e pregiudizialmente creduti non è solo un errore, è un vero e proprio crimine innanzitutto verso sè stessi. Infatti, così facendo, ci si preclude la possibilità di crescere, di conoscere, di ampliare la propria visione del mondo. E ci si espone alla ripetizione pappagallesca di idee che solo superficialmente si condividono, ma la cui condivisione superficiale ci evita la fatica di pensare.
Ecco allora lo schema “tradizionalisti-progressisti”, “cinici-buonisti” eccetera. E questo vale in ogni ambito, anche in quello ecclesiale. Ascoltare e valutare seriamente le ragioni dell’altro, che non la pensa come noi, sarebbe importante, invece. Certo, si rischia di essere messi in crisi e di scoprire che, forse, le idee diverse dalle nostre non sono poi così stupide come qualcuno voleva farci credere.
Alla fine, poi, potremmo continuare a pensarla come prima, perchè le nostre idee hanno superato l’esame serio e rigoroso del confronto libero da pregiudizi. Se poi riuscissimo ad avere anche dei criteri solidi per valutare quanto sia giusto quello che pensiamo noi e quello che pensano gli altri, sarebbe il massimo. Un criterio, per esempio, è quello dei fatti. Criterio che richiede, però, una onesta documentazione.
Un altro criterio è quello del Vangelo. Che richiede, però, almeno una certa conoscenza.
don Roberto