5 febbraio 2018
Ogni tanto ci sono delle buone notizie (ce ne sarebbero moltissime, in verità. Ma evidentemente qualcuno ci tiene a evidenziare solo il male). Il quotidiano “Avvenire” ci informava domenica 14 gennaio che l’arcivescovo di Torino, mons. Nosiglia, ha aperto l’arcivescovado ai senza dimora.
E non nel senso di una visita sporadica o di un invito a pranzo (che, comunque sarebbe già un bel segno di condivisione: “Anzichè venire io, vescovo, alla mensa dove mangi tu, poveraccio, ti invito a casa mia, anche se mi vergogno un po’ di abitare in palazzo così bello e spazioso”), ma proprio nel senso che ha dedicato una parte della residenza vescovile all’accoglienza notturna di 30 persone senza fissa dimora, le quali, per tutto l’inverno, potranno dormire al caldo. Il tutto in collaborazione con il Comune di Torino e la Asl.
Che bello! Vedere che c’è qualcuno che, oltre a predicare e invitare gli altri ad accogliere, lo fa anche di persona, a casa propria, dà consolazione.
E fa pensare che ci sarebbe bisogno di tanti gesti di coerenza da parte di chi sta in alto, perchè “il popolo” lo si educa più con l’esempio che con le belle parole.
La prassi dell'”armiamoci e partite” è un po’ troppo diffusa in chi ricopre un ruolo educativo, nella Chiesa e nella società civile, e spesso ai discorsi altisonanti e zeppi di grandi valori non corrispondono gesti concreti.
Dare l’esempio è fondamentale quando bisogna guidare gli altri su una determinata strada. I soldati ammirano sempre il condottiero che condivide le loro fatiche, che dorme in una branda come loro, che mangia lo stesso cibo che mangiano loro. E che, almeno ogni tanto, va in prima linea, a combattere come loro.
Purtroppo spesso, guardando a chi sta sta in alto, si ha la sensazione di avere a che fare con una riedizione dei farisei. E viene in mente ciò che Gesù diceva di costoro: ” Quello che vi dicono di fare, fatelo, ma non fate quello che fanno…”.
Grazie, dunque, all’Arcivescovo di Torino. E a tutti coloro che, oltre a usare la lingua, hanno il coraggio anche di sporcarsi le mani. Abbiamo bisogno di persone così.
Anche perchè ricordiamo spesso le parole della prima lettera di san Giovanni : ” Figlioli, non amiamo a parole e con la lingua, ma con i fatti e nella verità”.
Di parolai è pieno il mondo.
C’è bisogno di altro.
don Roberto