18 novembre 2019
“Accusa grave e volutamente falsa; diceria maligna e infamante”. Sono, questi, i due significati che il vocabolario dà a proposito della calunnia.
Alzi la mano chi non ha mai subito calunnie. Ma siamo proprio sicuri di non averne mai fatte? Spesso la calunnia va i pari passo con il pettegolezzo e le due cose si alimentano a vicenda. Ogni volta che si riporta una voce malevola che non abbiamo verificato si cade nella calunnia.
La calunnia è l’arma dei vili cattivi, di coloro godono nel mettere in cattiva luce e possibilmente distruggere gli altri. Tutti gli altri, anche quelli al di sopra di ogni sospetto. Shakespeare, nell'”Amleto”, fa dire dal protagonista a Ofelia:” Pur se tu sia casta come il ghiaccio e pura come la neve, non sfuggirai alla calunnia”. L’invidia, il rancore, l’ignoranza, la superficialità, la cattiveria: queste altre ancora possono essere le motivazioni che spingono a calunniare.
I personaggi pubblici sono particolarmente esposti alle calunnie e ai loro effetti. La storia e la cronaca insegnano che persone rispettabilissime sono state rovinate dai criminali che usano le parole a sproposito , salvo essere riabilitate, magari post mortem. Qualcuno sostiene che la miglior risposta alle calunnie sia il silenzio, mo non possiamo dimenticare quanto diceva Plutarco: ” Calunnia sfacciatamente, qualcosa resterà sempre attaccato”.
Certo, davanti a certe calunnie la Legge permette di difendersi, ma molti si chiedono se ne valga veramente la pena e,soprattutto, se l’aver avuto ragione in tribunale porti poi un reale cambiamento nell’opinione del “pubblico”. Le cronache sono piene di persone denigrate con titoloni in prima pagina e finite in un trafiletto in decima quando le accuse si sono dimostrate inconsistenti. Diventa, allora, quasi automatico rimettersi al tribunale di Dio, lasciando perdere quello degli uomini.
Il Papa rimarca spesso la pericolosità del pettegolezzo, delle dicerie, delle falsità ripetute come verità.Sarebbe bello se, come discepoli di Gesù, non ci facessimo complici di gravi peccati “in parole”, lasciandone il monopolio a chi cristiano non è. Ma forse è un po’ utopico. Diciamo che, comunque, abbiamo buoni margini di miglioramento.
don Roberto