2 dicembre 2019
Forse è eccessivo pensare quello che pensava Marcel Aymè e cioè che “le nostre buone azioni sono spesso più losche dei nostri peccati”, però ogni tanto faremmo bene a chiederci quali siano le motivazioni che ci spingono a fare i buoni.
Posto che la creatura umana ha comunque sempre dentro di sè anche la tendenza a fare il bene, siamo proprio sicuri che le nostre buone azioni abbiano solo motivazioni di generosità gratuita? Mi vengono in mente tanti passi del Vangelo nei quali Gesù stesso presenta le varie ricompense per chi sceglie la strada del bene (il centuplo quaggiù…).
Ma basta parlare con persone impegnate nel volontariato per sentire spesso ripetere lo stesso concetto: si riceve molto più di quello che si dà. A questo punto può inserirsi un dubbio: non è che per caso facciamo il bene per averne un tornaconto? E lasciamo perdere quelli che fanno il bene sullo stile dei farisei, per farsi lodare e far bella figura davanti agli altri. Lasciamo perdere quelli che lo fanno per averne un tornaconto economico o politico o di prestigio sociale. Lasciamo perdere anche quanti cercano di colmare, facendo del bene, i propri vuoti esistenziali, i propri traumi e le proprie frustrazioni.
Alla fine tutti, ma proprio tutti, facendo il bene ricevono qualcosa in cambio, fosse pure solo un po’ di rafforzamento della propria autostima o un po’ di compiacimento verso sè stessi. E’ bello pensare che il bene fatto, con qualunque motivazione, sempre bene è. E lascia sempre una traccia positiva, suscita desiderio di emulazione, fa nascere altro bene. Ogni volta che facciamo una buona azione, anche se piccola, diamo il nostro contributo per un mondo migliore, anche se questa buona azione non è dettata dalle migliori intenzioni.
Ricordo le dichiarazioni di un ufficiale, ormai anziano, che raccontava di aver salvato, durante l’ultima guerra mondiale, un soldato ferito caricandoselo sulle spalle e portandolo fino alla propria trincea sotto il fuoco nemico. La motivazione di questo gesto, però, era agghiacciante: le pallottole provenienti dalla trincea nemica avrebbero colpito il soldato ferito che l’ufficiale portava sulla schiena, permettendo a quest’ultimo di rimanere illeso. In realtà nessuna pallottola raggiunse il bersaglio e il risultato finale di questo gesto vigliacco fu di aver permesso ad un uomo di salvarsi e di poter riabbracciare la propria sposa e i propri figli.
D’altronde san Giovanni Bosco diceva che “se aspettiamo di essere perfetti per fare il bene non faremo mai niente”. E allora è opportuno che ci guardiamo dentro per purificare sempre di più le motivazioni che ci spingono a fare il bene. Ma intanto facciamolo!
don Roberto