5 febbraio 2018
In occasione della festa di san Francesco di Sales i vescovi incontrano i giornalisti e colgono l’occasione per sottolineare i doveri e l’etica che devono ispirare una professione così importante e delicata.
Il vescovo di Como ha rivolto ai giornalisti un invito molto bello: “ Ricordatevi che siete a servizio della persona. Crescete nella capacità di ascolto, per capire come stanno veramente le cose che raccontate, perché il vostro sia un servizio alla verità e non una ricerca della sensazione o del sensazionalismo”.
Anche mons. Delpini, a Milano, ha insistito sul tema della verità.
E d’altronde il Papa stesso, nel messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali, dice che “ la disinformazione si basa spesso su discorsi variegati, volutamente evasivi e sottilmente ingannevoli… Il più radicale antidoto al virus della falsità è lasciarsi purificare dalla verità”.
La verità. E come si fa a fare un’informazione “vera”?
E, ancor più radicalmente, è possibile un’ informazione vera?
In fondo già nella scelta delle notizie da dare si opera una selezione. Sulla base di che cosa? Dei gusti e delle preferenze del giornalista, del direttore, dell’editore, del padrone, dello sponsor? O degli interessi di tutti costoro?
E poi, una volta deciso di dare quella notizia, si pone il problema di come darla. Perché si possono dire le bugie, ma si può anche non dire tutta la verità.
E in questo anche noi cristiani siamo maestri.
Un esempio piccolo, ma illuminante. Il 17 gennaio il quotidiano cattolico” Avvenire” riportava la notiziuola che a Roma, al liceo Massimo, “uno dei più prestigiosi e antichi della capitale “, un professore di 52 anni aveva abusato sessualmente di un’alunna quindicenne. Ma per sapere che il liceo Massimo è dei Gesuiti, il lettore che non abita a Roma (come il sottoscritto) doveva avere altre fonti.
Un classico esempio di non-bugia e insieme di non-verità.
E allora come la mettiamo? La mettiamo che tra i destinatari dei messaggi papali ed episcopali ci sono anche gli organi di informazione gestiti dal papa e dai vescovi, che troppo spesso fanno una selezione di notizie e decidono il modo di darle sulla base degli interessi del padrone. Ovviamente ammantandosi di “ rispetto delle parti in causa” , di “attenzione alle persone”, di “ attenzione a non alimentare divisioni controproducenti” e tutto il resto dell’armamentario fintamente etico che serve, solitamente, a educare il popolo in modo che non sappia troppo e così non dia troppo fastidio.
È sempre meglio parlare dei grandi temi che non della “banalità” della vita, dove il peccato rischia di compromettere la facciata di qualche sepolcro imbiancato e di rivelare il verminaio che nascondeva.
Alla fine siamo tutti sulla stessa barca e non sempre i buoni sono così buoni come vogliono apparire.
Sta a ognuno di noi lottare per la verità. E il mondo è comunque pieno di uomini e di donne (cristiani e non) che hanno il coraggio di pagare anche con la propria vita per il trionfo di questo ideale.
don Roberto