7 marzo 2022
” Più volte, nel Vangelo, ci ricorda che dobbiamo “rendere conto”, come i servi e i buoni amministratori, che hanno ricevuto risorse da mettere a frutto, per il bene di tutti. Queste pubblicazione vuole favorire la conoscenza della realtà, attraverso un’informazione essenziale e trasparente. (…) Per capire tutti che la Chiesa non è il Vaticano, non è dei preti, ma è quel popolo in cammino nello spazio e nel tempo, che si è dato strutture utili alla sua vita,, bisognose di cure e di aggiornamento. Magari per essere più leggeri e più spediti nel cammino. E più puntuali nel servizio e nella testimonianza del Vangelo”.
Sono, queste, parole del Vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, contenute nella presentazione del bilancio annuale. Cremona, infatti, è una delle poche diocesi in Italia a rendere pubblici i suoi conti. Le altre diocesi sono Bolzano, Trento, Cesena-Sarsina, Ravenna-Cervia, Imola, Mazara del Vallo, Rieti, Padova, Adria-Rovigo, Ventimiglia. Se si pensa che in Italia le diocesi sono 210 (duecentodieci !) si capisce come la trasparenza delle finanze non sia il punto forte della stragrande maggioranza dei Vescovi.
Però bisogna anche dire che, negli ultimi tre anni, stanno aumentando quelli che avvertono l’esigenza di “rendere conto” non solo a Dio, ma anche al Suo Popolo. E così alle diocesi di Bolzano, Trento e Padova si sono aggiunte le altre, facendo così sperare che, una volta debellato il covid, si diffonda sempre di più il virus positivo della trasparenza.
D’altronde anche il Papa ha richiamato spesso i Vescovi e gli economi diocesani a pubblicare senza paura i conti degli enti da essi amministrati (e sarebbe bello che anche la sua Diocesi, quella di Roma, si unisse presto al numero delle diocesi “virtuose” sotto questo aspetto). Tutto ciò che viene incassato e speso da diocesi, parrocchie, congregazioni religiose è frutto di offerte, di eredità, di contributi volontari (per esempio l’ 8×1000) ed è giusto che tutti vengano a conoscenza di come i beni sono utilizzati.
Siamo propri sicuri che non siano anche gli scandali finanziari ( come quello del palazzo di Londra acquistato con i soldi della “carità ” del Papa) ad allontanare le persone dalla Chiesa e dalla pratica religiosa, se non addirittura dalla fede? Possedere e amministrare beni materiali è una grossa responsabilità, soprattutto quando c’è di mezzo il Vangelo, che non è mai tenero verso i “ricchi”.
Non pubblicare i propri bilanci significa insinuare il sospetto che in essi ci sia qualcosa di torbido, che deve rimanere nascosto. Pubblicarli significa, certo, esporsi anche alla critica e, perchè no, ai suggerimenti di tutti coloro che hanno qualcosa di evangelico da proporre. Sarebbe un reale coinvolgimento di tutto il Popolo di Dio in un settore estremamente delicato e portatore di rischi e tentazioni. Affrontare tutti insieme i rischi e le tentazioni sarebbe un bel passo in avanti sulla via della comunione.
Quella vera, non quella delle parole e delle frasi melense.
don Roberto