4 luglio 2022
E così la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che “la Costituzione non conferisce il diritto all’aborto”. Ogni Stato si regolerà in modo autonomo.
Apriti cielo! Persino L’ONU ha tuonato che “questo è un colpo terribile ai diritti umani delle donne”. Forse sarò un pochino “antico” e duro di comprendonio, ma faccio proprio fatica a capire come possa essere un “diritto umano” l’uccisione di una persona innocente e indifesa.
Perchè, comunque si voglia rigirare la questione, questo è l’aborto: l’uccisione di una persona innocente e indifesa. E nessuno può negarlo, a meno di togliere al feto la qualifica di persona.
In questi ultimi anni ci siamo molto (e giustamente) concentrati sul rispetto delle vite degli adulti, sul rendere il mondo più vivibile per chi ci vive già, sull’accoglienza e l’aiuto nei confronti di chi subisce violenza, prepotenze, fame guerra. Vogliamo, ogni tanto, pensare anche a chi la violenza estrema l’ha subita prima di nascere? A chi è stato condannato a morte, senza appello, perchè imperfetto, o, semplicemente, perchè non voluto?
E non mi si venga a dire che in Italia ci sono limitazioni all’aborto fissate per legge: basta prendersi la briga di dare un’occhiata alla legge 194 per scoprire che, di fatto, è sempre possibile abortire prima dei novanti giorni e ugualmente dopo i novanta giorni, con qualche risibile e aggirabilissimo limite.
Mi inquieta, poi, sentire che l’aborto sia qualificato come un “diritto della donna”. Come se fosse segno di grande libertà poter dare la morte al proprio figlio. Voglio specificare che non sto giudicando le donne che hanno preso e prenderanno la decisione di abortire, anzi! Ho incontrato tantissime donne che hanno vissuto questa esperienza devastante, che le ha segnate fin nel più profondo dell’anima, che le ha messe in crisi nel rapporto con sè stesse e con il mondo intero, rendendole infelici per il resto della vita, incapaci di perdonarsi.
Solo chi non ha mai conosciuto una donna che ha abortito può parlare dell’aborto come di un “diritto della donna”, come di un segno dell’emancipazione femminile. Emancipazione da cosa, poi? Non certo dalla “supremazia” del maschio, che continua a fare i propri comodi, lasciando spesso sola la donna nella terribile decisione: sarà sempre e solo lei a portarne le pesanti conseguenze, psicologiche e fisiche.
Chissà, forse questa decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti potrà servire ad aprire un dibattito serio sull’aborto e sulle sue conseguenze, anche sociali. Perchè bisognerà avere il coraggio anche di dire a tutti quelli che parlano di crescita zero, di “Italia Paese di vecchi”, di sistema pensionistico al collasso, che, in quasi cinquant’anni, milioni di italiani sono stati abortiti.
Proviamo, allora, a pensare con la nostra testa, senza slogan preconfezionati e le solite dogmatiche frasi sulla libertà e i “diritti umani”. Per un discepolo di Gesù il primo diritto umano da difendere è quello alla vita.
Anche solo perchè è il presupposto di tutti gli altri. Parliamone.
don Roberto